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Simulazione in situ: da esigenza a opportunità

Benedetta Valli
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Come la simulazione in situ può rappresentare uno strumento per slatentizzare gli errori: l’esperienza del Centro Chirurgico Toscano.

Il Centro Chirurgico Toscano (clinica chirurgica privata convenzionata di Arezzo, accreditata con l’ente statunitense di qualità e sicurezza Joint Commission International – JCI) si è avvicinato al mondo della simulazione a seguito di una richiesta di revisione degli standard da parte di JCI.

In merito alle emergenze da arresto cardiaco e allo scopo di valutare le vulnerabilità del sistema, JCI chiede di “riesaminare i dati interni di precedenti situazioni di emergenza e identificare le aree di miglioramento”.

Essendo difficile e probabilmente anche incompleto procedere a tale riesame andando ad analizzare la sola documentazione clinica di precedenti eventi, è sembrato opportuno simulare situazioni di arresto cardiaco in situ. La simulazione in situ, come noto, si svolge nella reale sede nella quale l’evento potrebbe avvenire e con il personale che realmente potrebbe trovarsi ad intervenire in team su quel determinato paziente, permettendo così di andare a slatentizzare e correggere falle dei processi e dei protocolli. 

L’analisi delle vulnerabilità del sistema è stata condotta su diversi fattori determinanti in termini di outcomes nella rianimazione cardiopolmonare: il fattore tempo; la capacità di lavorare in team in maniera ordinata ed organizzata; la familiarità con tutto ciò che può essere utile ai fini della rianimazione e le altre technical skill.

Per raggiungere un elevato livello di fedeltà e realismo le simulazioni non sono state annunciate. Si sono svolte nel reparto di degenza ed hanno coinvolto medici anestesisti e una coppia di infermieri dello stesso turno, questi ultimi formati con corso BLSD. Le simulazioni condotte sono state in tutto 16 nell’arco di quattro mesi.  

Per non svelare il reale contenuto delle simulazioni, il personale era stato informato che l’esercizio avrebbe previsto le procedure riguardanti la modalità di corretta identificazione del paziente in tre distinti momenti: distribuzione del vitto, rilevazione dei parametri vitali e somministrazione della terapia. Al momento dell’esercizio, però, è stato simulato l’arresto cardiaco del paziente. Il personale si è pertanto trovato di fronte ad un evento inaspettato che ha dovuto gestire prontamente. 

Le simulazioni sono state video registrate e sono stati annotati, in uno schema appositamente predisposto, i tempi di esecuzione dei vari step di rianimazione e l’ordine degli eventi messi in atto. Durante il debriefing si sono discussi punti di forza e di debolezza di quanto accaduto.

I sanitari, simulando più volte il medesimo scenario, hanno avuto la possibilità di riflettere sul proprio operato. Sono state proposte soluzioni migliorative in termini di tempo ed efficacia che, essendo nate dall’esperienza diretta, sono risultate poi di facile applicabilità. Si sono slatentizzate criticità fino a quel momento sottostimate: ad esempio la difficoltà di rimuovere la testata del letto se il team non si coordina bene, oppure quella di individuare farmaci nel carrello dell’emergenza. Ed è stata trovata un’immediata risoluzione. Allo stesso tempo si sono potenziate le abilità e i punti di forza, come ad esempio quella di lavorare in team con un team leader ben riconosciuto.

La media dei tempi ottenuta per ogni fase di simulazione, insieme alle osservazioni emerse durante i vari debriefing, rappresentano adesso il punto di partenza per poter costruire una “sequenza perfetta” in termini di ottimizzazione del lavoro di team. Su questa “sequenza perfetta”, infatti, il personale della degenza sarà formato allo scopo di ridurre il tempo di intervento per ogni singola fase analizzata.

Alla luce dell’esperienza fatta in degenza e dell’enorme potenzialità riscontrata, intendiamo ripetere questa tipologia di simulazione nei vari ambiti della Casa di Cura (sala operatoria, primo soccorso, endoscopia e radiologia) utilizzando la simulazione come strumento per andare a valutare l’efficacia delle nostre azioni e per individuare ambiti di miglioramento sui quali agire in maniera mirata. Il nostro scopo è quello ovviamente di ridurre il rischio clinico.

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