La giornata tipo di un tecnico di simulazione raccontata da Serena Ricci del SimAv di Genova
Ciao Serena,
ti ringrazio per il tempo che ci dedichi.
Intanto raccontaci perché hai scelto la facoltà di Ingegneria e quali sono gli aggettivi che i tuoi colleghi di corso usavano per descriverti.
S: Grazie a voi per l’opportunità! Dopo il liceo linguistico ho deciso di cambiare strada (circostanza abbastanza frequente nella mia vita!). Per una combinazione di eventi, pochi mesi prima della maturità, ho frequentato assiduamente la terapia intensiva come visitatore e lì mi sono accorta di essere intrigata dagli apparecchi elettromedicali e dal mondo ospedaliero. Ho deciso così di iscrivermi a ingegneria biomedica.

Durante l’università sono sempre stata “multidisciplinare”, nel senso che facevo mille attività diverse: sport, lavoretti di ogni tipo… non ero mai seduta alla scrivania a studiare insomma, ma ero una persona estremamente pratica a cui piaceva molto fare gruppo e stare in compagnia!
Avresti mai detto che saresti finita in questo strano mondo dei simulatori? Chi te lo ha fatto conoscere?
S: Assolutamente no! Il mio obiettivo era quello di diventare un ingegnere clinico in ospedale. Tuttavia, quando ho dovuto scegliere il progetto di tesi ho scoperto il mondo della simulazione ed è stato amore a prima vista! Per questo colpo di fulmine devo ringraziare due ginecologi: il Dr. Pierangelo Marchiolè che ha lavorato in Francia dove è entrato in contatto con i Prof. Dupuis e Moreau del Centro AMPERE di Lione, il Prof. Cordone, istruttore di simulazione da molti anni e il Prof. Torre che mi ha aperto le porte del SimAv di Genova dove ho lavorato al progetto di tesi magistrale.
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