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Una rivista… emergente

Mario Robusti
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Un nuovo giornale tecnico-scientifico e formativo sull’emergenza territoriale nato come effetto della pandemia.

Ciao Mario, grazie per il tuo tempo. Raccontaci: cosa fa Rescue Press?

È una casa editrice indipendente, nata a Zurigo pochi mesi fa, e che sta raccogliendo tanta attenzione da parte dei centodiciottisti. 

Perché è nato Rescue Press?

“Sono sincero: è stata tutta colpa della pandemia. Mentre mi occupavo di comunicazione mi sono reso conto che il mondo sanitario e quello giornalistico si scambiavano tante informazioni, ma non si capivano l’uno con l’altro. Questo succedeva sia a livello generalista, che a livello scientifico. Così è nata l’idea di creare qualcosa che – gradualmente – avvicinasse i soccorritori alle pubblicazioni scientifiche. Rispetto a tante altre specializzazioni, l’emergenza urgenza pre-ospedaliera ha davvero pochissimi materiali di qualità. Soprattutto tanti, troppi case report rimangono imbrigliati nei database del 118. Così ho costruito Rescue Press, e da subito tante società scientifiche e tantissimi collaboratori hanno accettato la sfida. 

È vero che c’è poco materiale, ma bisogna anche pubblicare cose di qualità. Come siete organizzati?

Abbiamo una macchina divisa su tre livelli. Al primo posto c’è la rivista scientifica “Rescue Press – Scientific Publication on pre-hospital procedures”. È una rivista indicizzata con ISSN. Alcuni articoli sono stati citati proprio in questi giorni. Lì, quaranta collaboratori ci assicurano una double blind peer review. Poi c’è Academy, un portale video dove rilanciamo webinar e videocorsi. Il nostro obiettivo è fornire alle società scientifiche e alle aziende una piattaforma facile per indicizzare video-corsi avanzati, sul principio del Learning Management System. Infine c’è Rescue Press, un giornale di pensiero critico, dove tutti possono pubblicare, e nel quale nessuno è indenne da domande. 

… mi sono reso conto che il mondo sanitario e quello giornalistico si scambiavano tante informazioni, ma non si capivano…

Un lavoro immane: come lo svolgete?

Ad oggi lo staff è composto da quattro persone. Io in direzione, Gloria che mi supporta in desk, e poi ci sono Anna e Riccardo per i social ed il sito web. Stiamo raccogliendo anche altri collaboratori, oltre a dei videomaker, davvero eccezionali. In pratica siamo una piccola start-up.

E perché avete scelto di pubblicare in italiano, ma di avere sede in Svizzera?

Abbiamo iniziato dall’italiano perché è il settore più semplice per me da coprire. Ma sappiamo bene che le pubblicazioni devono essere fatte in inglese per avere un respiro più ampio. Solo se ci confrontiamo con l’estero, nascerà qualcosa di migliore. La versione inglese di Rescue Press per ora è legata solo al giornale scientifico. Tutti i materiali prodotti vengono pubblicati con doppia lingua. L’obiettivo è di avere una doppia versione completa entro il 2023.

Scusa l’impertinenza, ma alla fine come state in piedi? Qual è la vostra sostenibilità?

Rescue Press, non lo nego, è una scommessa. Abbiamo una sostenibilità di 3 anni grazie ai primi sponsor che ci hanno scelto come partner anche per progetti collaterali. Il nostro obiettivo è convincere le aziende che un’informazione indipendente con cui confrontarsi e con la quale promuovere i propri dispositivi sia la scelta giusta. Per questo ci siamo definiti “indipendenti e senza preconcetti”. Il nostro obiettivo è che le persone lavorino meglio, conoscendo di più ciò che fanno, e adoperando meglio gli strumenti che possono usare tutti i giorni. Non ci piace la polemica, e neppure le grandi dichiarazioni di intenti. Ecco perché, sul nostro giornale, SIMZINE avrà sempre uno spazio a disposizione. State facendo un lavoro bello e difficile nell’ambito della simulazione, un settore dove le rivoluzioni sono tante e dove la capacità si basa tantissimo sulla condivisione.

Mario Robusti
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