Le emozioni in simulazione

Paolo Gastaldi
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Nell’ambito della formazione medica, le emozioni in simulazione rivestono un ruolo cruciale, andando ben oltre l’acquisizione di abilità tecniche. L’importanza delle competenze emotive, i fondamenti neurobiologici delle emozioni, e un innovativo gradiente di emozioni offrono una nuova prospettiva per arricchire l’apprendimento e il debriefing in scenari clinici simulati.

“Tu chiamale se vuoi…” (Emozioni, L. Battisti, 1970)

La simulazione in medicina coinvolge i professionisti in maniera profonda.

Le abilità tecniche sono da sempre il principale obiettivo della formazione universitaria per il mantenimento della competenza nel tempo. Da alcuni anni l’attenzione si è centrata sulle abilità non tecniche, il comportamento, il lavoro di squadra, la tutela di chi assiste, la sicurezza di chi riceve assistenza. Solo recentemente si è compresa l’importanza delle abilità emotive (Capogna, Ingrassia, et al 2022). Gestire le proprie emozioni e quelle del gruppo di lavoro è una sfida continua.

L’uscita dal ruolo è in simulazione la fase in cui si esplorano le emozioni di chi ha partecipato ad uno scenario clinico. 

Fondamenti Neurobiologici delle Emozioni

Nel cervello le emozioni nascono nella parte più antica, il palencefalo che comprende locus ceruleus, ippocampo, amigdala, insula, corteccia orbitofrontale e corteccia cingolata anteriore. Le funzioni cognitive superiori del nostro cervello sono rappresentate nel telencefalo. La corteccia cerebrale elabora in modo cosciente gli stimoli percettivi. Il palencefalo influenza il telencefalo ma non avviene il contrario. Le reazioni del palencefalo sono rapide, come nell’espressione della paura. Il nostro corpo entra in contatto con il mondo esterno attraverso i 5 sensi: tatto, vista, udito, gusto e olfatto. Non a caso si parla di sensazione ovvero attivazione di uno degli organi di senso.

Il cervello trasforma l’informazione sensoriale in una percezione. 

La percezione non è mai allo stato nativo: lo stato emotivo, le esperienze precedenti, la prospettiva rispetto all’oggetto della sensazione cambiano il contenuto della percezione.

Un esperimento classico è la dimostrazione che i colori non esistono in natura ma sono il risultato dell’elaborazione che riceve il nervo ottico e che viene elaborata a livello neuronale (Von Foerster 2001 citato in Nardone 2019).

Le emozioni nascono dalla percezione della realtà interna ed esterna che origina dalle sensazioni (Watzalawick 1981). Considerando il percorso percezione -> emozione -> reazione (Nardone 2019) la maggior parte delle volte l’interazione – percezione – emozione avviene al di sotto del livello di coscienza (Koch 2012). I processi cognitivi non sono, quindi, responsabili delle emozioni perché sono successivi all’elaborazione delle emozioni (Searle 1990).

Classificazione e Ricerca sulle Emozioni

Un punto di partenza è la ricerca che ha studiato le emozioni universali attraverso le espressioni non verbali nelle varie culture (Ekman 1973, Ekman 1985). Nella prima versione le emozioni universali erano sei: paura, gioia, rabbia, disprezzo, sorpresa, vergogna. In una versione recente le emozioni sono state suddivise in primarie e secondarie. Le primarie si sono ridotte a 4: paura, dolore, piacere e rabbia (Ekman 2010).

Un’altra autorevole classificazione delle emozioni di base o primarie, è quella fornita dallo psicologo statunitense Robert Plutchik (1980). Esso distingue quattro coppie di espressioni delle emozioni: (1) espressioni di gioia contrapposte a quelle di tristezza, (2) paura contro rabbia; (3) attesa contro sorpresa; (4) disgusto contro accettazione.

Rimane il concetto che le emozioni primarie sono per natura inconsapevoli, come risposta agli stimoli interni ed esterni (Nardone 2019). Le emozioni sono anche una “competenza senza comprensione” (Dennet 2018).

La ricerca degli ultimi anni ha analizzato anche le emozioni secondarie che sono passate da 6, a 8, a 11, fino a 27. Il limite è che numerose emozioni corrispondono a stati d’animo, sentimenti o atteggiamenti (Nardone 2019).

La pietra filosofale delle neuroscienze è la ricerca della sede biologica delle emozioni nel cervello. Ad oggi i modelli sperimentali non hanno raggiunto risultati convincenti anche con modelli di anatomia e fisiologia comparata, come nel caso dei ratti.

Dopo avere condotto diversi esperimenti e osservato il cervello di centinaia di persone con l’ausilio di tecniche di risonanza magnetica, Richard Davidson (2012) ha formulato la teoria degli stili emozionali, secondo cui ogni persona ha un suo particolare stile emozionale, che sarebbe il modo che ognuno di noi ha di rispondere alle esperienze della vita. Ogni stile emozionale è governato da circuiti cerebrali specifici e identificabili, e si può osservare utilizzando metodi di laboratorio oggettivi. Con questa teoria si oscilla dalla competenza senza comprensione alla competenza consapevole. I sei stili emozionali controllati dalle funzioni cognitive cerebrali sono: resilienza, prospettiva, intuito sociale, autoconsapevolezza, sensibilità al contesto, attenzione.

La ricerca scientifica si occupa anche della induzione delle emozioni. L’evocazione di esperienze, i ricordi, le fantasie hanno effetti simili allo stimolo dei 5 sensi e quindi possono attivare la percezione e l’attivazione di una emozione. Ne consegue che il nostro cervello attiva le emozioni e le eventuali reazioni, sia attraverso l’attivazione sensoriale che attraverso l’introspezione.

Sull’attivazione delle emozioni esistono almeno 4 scuole di pensiero (Nardone 2019). 

  • La psicoanalisi prevede l’induzione delle emozioni attraverso la rievocazione. L’analista aiuta l’individuo a far emergere ricordi, sogni, esperienze intense. L’elaborazione guidata tende a rimuovere i traumi sepolti nell’inconscio della persona partendo dalle emozioni che li hanno provocati.
  • Il metodo comportamentale induce emozioni attraverso stimoli riflessi fisiologici condizionati. Per sua natura è sperimentale e si svolge in laboratorio
  • L’ipnosi stimola le emozioni attraverso uno stato alterato di coscienza con lo scopo di amplificare le percezioni esterne ed interne.
  • L’empatia è il metodo basato sulla relazione tra individui per indurre le emozioni. L’emozione è condivisa (Rogers citato in Nardone 2019).  I neuroni specchio sono la dimostrazione neurobiologica del valore della relazione empatica (Rizzolati 2006, Ramachandran 2010).

L’ultimo metodo è il più comprensibile anche per chi non lavora nel campo delle neuroscienze. I professionisti della salute si occupano di persone che vivono momenti di grande fragilità. Lo scambio di emozioni attraverso l’empatia è una parte fondamentale della cura. La simulazione con la sua ricerca del realismo tende allo stesso risultato.

Emozioni in Simulazione e il Ruolo del Debriefing

Il debriefing dopo lo scenario clinico è una pratica riflessiva con buon giudizio. Il debriefer analizza la via breve e la via lunga della percezione e della reazione agli eventi accaduti durante lo scenario. La via breve coincide con l’uscita dal ruolo, ossia il de-roleing. La domanda, ancora in sala simulazione o nelle sue vicinanze, «Come ti senti?», «Come ti sei sentito durante lo scenario?» esplora l’emozione predominante del partecipante in quel momento, in quel luogo, in quella situazione. Con il metodo strategico le domande sull’emozione si orientano verso le 4 emozioni primarie, piacere, dolore, paura e rabbia. La prova per il partecipante è aver interpretato sé stesso in una realtà simulata. Talvolta affiora la delusione, la rabbia, la confusione. Spesso il partecipante è soddisfatto della sua prestazione. L’emozione è personale e non richiede commenti durante l’uscita dal ruolo.

La via lunga è il debriefing, che per sua natura è una pratica riflessiva. Nel corso dell’analisi il debriefer potrebbe citare l’emozione espressa da un partecipante all’uscita dal ruolo e analizzarla in profondità. La propria percezione diventa un processo cognitivo su cui ragionare.

Un buon debriefer dovrebbe condurre il partecipante a vivere una esperienza emozionale correttiva a partire dall’emozione iniziale. Il termine “esperienza emozionale correttiva” fu coniato dallo psicanalista F. Alexander nel 1946, descrivendo un approccio terapeutico in cui il paziente viene assistito attraverso l’esperienza diretta di emozioni che consentono di “correggere” l’impatto di precedenti esperienze negative. Il cambiamento è, infatti, il vero obiettivo della simulazione: se nella vita reale si dovesse ripresentare la stessa situazione l’approccio sarebbe più efficace e il lavoro di squadra al centro dell’attenzione.

Proposta di classificazione delle emozioni in simulazione

Uno studio del 2017 ha analizzato 2185 brevi video di persone che esprimevano una emozione e ha identificato 27 emozioni, tra primarie e secondarie (Cowen and Keltner 2017). Secondo gli autori il confine tra i vari stati emotivi non è netto: i grafici dello studio dimostrano che esiste un gradiente tra le emozioni che le rende talvolta fluide.

La lista delle 27 emozioni: Paura, Rabbia, (Dolore, Tristezza), (Piacere, Gioia, Felicità), Disgusto, Sorpresa, Ammirazione, Adorazione, Apprezzamento estetico, Divertimento, Ansia, Stupore, Imbarazzo, Noia, Tranquillità, Confusione, Brama, Empatia (in particolare nel dolore), Estasi, Eccitazione, Orrore, Interessamento, Nostalgia, Sollievo, Romanticismo, Appagamento, Desiderio sessuale 

La proposta di classificazione delle emozioni in simulazione suggerisce che non tutte le 27 emozioni identificate nel 2017 sono pertinenti in questo contesto. Si propone che ogni emozione primaria sia collegata a emozioni secondarie che ne rappresentano un gradiente. Queste emozioni possono appartenere sia alla sfera personale, suddivisa in fisica e spirituale, sia a quella sociale, che può essere relativa alla persona singola o al gruppo. In particolare, il Piacere è l’emozione primaria per la sfera personale fisica, il Dolore per quella spirituale, la Paura per la sfera sociale individuale e la Rabbia per quella di gruppo. Da queste categorie principali si origina una tabella che mostra il gradiente delle emozioni primarie. Si ipotizza che, in simulazione, questo gradiente faciliti i partecipanti nell’esprimere le proprie emozioni durante il debriefing post-scenario clinico. Per confermare questa ipotesi, sarebbe necessario uno studio specifico.

Gradiente delle emozioni primarie in simulazioni

Sfera personaleSfera sociale
FisicaPiacere – Stupore – DisgustoRelativa alla personaPaura – Eccitazione – Divertimento – Sollievo
SpiritualeDolore – Tristezza – Ansia – Noia – Sorpresa – Gioia – FelicitàRelativa al gruppoRabbia – Imbarazzo – Confusione – Interessamento Tranquillità

Conclusioni

L’importanza delle emozioni in simulazione emerge come elemento cruciale per un apprendimento profondo e significativo nel contesto sanitario. Attraverso la comprensione neurobiologica delle emozioni e la loro classificazione, siamo in grado di delineare strategie più efficaci per il debriefing e la formazione, consentendo ai professionisti di navigare e gestire le risposte emotive in maniera produttiva. La proposta di una classificazione specifica per le emozioni in simulazione suggerisce un nuovo percorso per affinare ulteriormente queste tecniche, enfatizzando la necessità di ricerche future per validare e perfezionare questo approccio. In definitiva, riconoscere e integrare le dimensioni emotive nelle simulazioni in sanità arricchisce non solo l’esperienza formativa dei professionisti ma contribuisce anche a migliorare la qualità dell’assistenza al paziente, rendendo il personale sanitario più preparato, empatico e resiliente di fronte alle sfide cliniche.

Bibliografia

Alexander F, French TM. et al. (1946). Psychoanalytic Therapy: Principles and Application, Ronald Press

Capogna G, Ingrassia PL, et al. (2022) Strategic Debriefing for Advanced Simulation, Springer 

Cowen AS, Keltner D. Self-report captures 27 distinct categories of emotion bridged by continuous gradients. Proc Natl Acad Sci U S A. 2017 Sep 19;114(38):E7900-E7909. doi: 10.1073/pnas.1702247114. Epub 2017 Sep 5. 

Davidson R, Begley S. (2012). La vita emotiva del cervello. Milano: Ponte alle Grazie.

Dennett DC (2018). Dai batteri a Bach. Come evolvere la mente. Milano: Raffaello Cortina.

Ekman P (1973). Darwin and Facial Expression. New York: Academic Press.

Ekman, P. (1985). Telling Lies. New York: Norton (trad. it. I volti della menzogna. Firenze: Giunti, 1989).

Ekman P. (2010). Te lo leggo in faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste. Torino: Amrita.

Koch C. (2012). Consciousness: Confessions of a Romantic Reductionist. Boston: The MIT Press (trad. it. Una coscienza. Confessioni di uno scienziato romantico. Torino: Codice, 2013).

Nardone G. (2019) Emozioni: istruzioni per l’uso, Adriano Salani Editore 

Koch C. (2012). Consciousness: Confessions of a Romantic Reductionist. Boston: The MIT Press (trad. it. Una coscienza. Confessioni di uno scienziato romantico. Torino: Codice, 2013).

Ramachandran VS. (2010). Mirror Neurons and Imitation Learning as the Driving Force Behind ‘the Great Leap Forward’ in Human Evolution. Edge, 69, 29 maggio 2010.

Rizzolatti G, Sinigaglia C. (2006). So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Milano: Raffaello Cortina.

Searle JR. (1990). The Mystery of Consciousness. London: Granta Books (trad. it. Il mistero della coscienza. Milano: Raffaello Cortina, 1998).

Watzlawick P. (1981). Die Erfundene Wirklichkeit. München: R. Piper & Co. (trad. it. La realtà inventata. Milano: Feltrinelli, 1988).

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