Riflessioni, visioni e simulazioni di un chirurgo che “forgiando” è diventato “fabbro”.
“C’est en forgeant qu’on devient forgeron” – “Con l’esercizio si raggiunge la perfezione”: molti lo tradurrebbero così.
Lo ripeteva il mio Maestro durante il periodo più intenso della nostra formazione accanto ai colleghi “fabbri” mentre ci insegnavano a “forgiare”. E poi, finalmente, anche noi abbiamo “forgiato” i nostri specializzandi per divenire noi stessi “fabbri”. “Forgiando si diventa fabbri”. Per me suona meglio così e rende chiara l’idea che solo operando in prima persona si comprende e si acquisisce la mano chirurgica.
Ma quando prendi il bisturi in mano la prima volta, quella, è un’altra storia. Non sai come tenerlo, non sai come passarlo al ferrista, non sai quanta pressione esercitare sulla cute né tantomeno sul sottocute, non sai come orientare la lama, non sai farlo e sai bene di non saperlo fare. Ma cosa cambia nel corso degli anni di formazione e come cambia? E soprattutto, cosa ti porta ad un certo punto a ripetere con naturalezza i gesti operatori di interventi certamente molto complessi che sembravano impossibili da realizzare?
È semplice: la ripetizione. Manuale e mentale.
Anche la ripetizione mentale dei vari step di un intervento chirurgico (che i primi anni non ci fa dormire la notte prima di eseguirlo) è una sorta di simulazione. Nel nostro cervello si instaurano automaticamente meccanismi simulativi per provare l’adrenalina di vivere il momento dell’intervento prima ancora di eseguirlo, ripetendo in maniera ossessiva le varie fasi, immaginando decine di complicazioni tecniche e altrettante soluzioni fino ad arrivare al compimento dell’opera che ci fa sentire appagati, orgogliosi e sicuramente un po’ delusi… per non aver fatto meglio. Questo turbinio di emozioni, non dimentichiamolo, nasce dal fatto che sotto le nostre mani c’è un’altra vita che, come noi, ha un lavoro, una famiglia, delle passioni e delle abitudini; e che per alcune ore è totalmente nelle nostre mani. Mani che stanno imparando a “forgiare” e che poi (si spera) diventeranno mani di un esperto “fabbro”.
Ma se potessimo forgiare virtualmente e imparare i primi passi di un’arte così delicata come la chirurgia senza la pressione di operare su un paziente vero? Una simulazione, appunto, che ci permetta di seguire le varie fasi dell’apprendimento in maniera più serena, più regolare, con i nostri tempi e, perché no, comodamente a casa sulla scrivania… prima di cimentarci in una sala operatoria reale, con un’equipe reale, un paziente reale e una lama reale.
I simulatori chirurgici esistono da tempo, ma solo negli ultimi anni hanno raggiunto un livello di realismo delle immagini (3D ricostruite con un CAD), di feedback aptico di tipo tattile (come un guanto) o propriocettivo (come uno strumento) tali da restituire un’esperienza molto simile alla realtà.
Oggi possiamo immaginare che, grazie alla realtà aumentata e a nuovi dispositivi a basso costo ed elevato contenuto tecnologico, la diffusione di sistemi di simulazione “home edition” possa facilmente raggiungere tutti coloro che devono formarsi. Possa inoltre dare un margine di sicurezza ulteriore a coloro che, pur avendo terminato il percorso di formazione, magari non praticano regolarmente alcune procedure chirurgiche. In questi casi, quindi, il simulatore potrebbe aiutare a mantenere un livello di sicurezza adeguato. Se poi l’attività di simulazione delle varie procedure chirurgiche (per le varie discipline) venisse regolamentata ed assimilata ai crediti formativi per l’aggiornamento professionale, probabilmente aumenterebbe la sicurezza per i pazienti e per gli stessi medici. Il chirurgo addestrato è un chirurgo più rapido, più sicuro, di conseguenza i tempi operatori si riducono e gli errori intraoperatori altrettanto: ne consegue anche una riduzione dei costi sia diretti che indiretti.
Un chirurgo potrebbe anche eseguire una procedura simulata per una tecnica nuova oppure, avendo a disposizione la TC di un dato paziente, importarla nel simulatore per poi eseguire proprio l’intervento programmato per il giorno dopo. Insomma la simulazione, se diffusa e alla portata di tutti, potrebbe determinare una vera svolta nell’apprendimento, nel mantenimento di standard qualitativi minimi e nel planning chirurgico che è la base della riuscita di un buon intervento.
Ma osiamo ancora di più… Con la diffusione ormai globale delle reti 5G (che permettono finalmente di eliminare la latenza) e con la realtà virtuale (che ci permette di trovarci immediatamente e ovunque) possiamo anche immaginare di operare accanto al miglior cardiochirurgo del mondo, eseguire una valvuloplastica in diretta simulata insieme al nostro collega di specialità (ciascuno a casa propria ovviamente) e magari farlo all’interno della sala operatoria del Mount Sinai Hospital di New York, presso la propria sede virtuale (o reale?) all’interno di un metaverso dove migliaia di chirurghi si trovano per addestrarsi, migliorarsi, e scambiare opinioni con i migliori maestri del mondo.
Ma è sogno o realtà? O simulazione?
Oggi tutto questo è realtà e ne usufruiremo presto tutti. E sarà magnifico. Ma teniamo sempre presente da dove siamo partiti e non dimentichiamo mai quale sia la base reale della simulazione: imparare a forgiare.