Simulazione e teatro: una nuova sinergia

Redazione SIMZINE
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Una fusione tra teatro e simulazione medica. iSimulate REALITi360 diventa “attore”, grazie alla partecipazione nello spettacolo ‘Nell’impero delle misure’ di Ateliersi.

Per definizione, il mondo del teatro e quello della simulazione clinica sono destinati ad intersecarsi. In entrambi i casi si lavora sul riflesso della realtà, creando una metanarrazione che da una parte è il fulcro dell’espressione artistica, dall’altra è il presupposto per l’apprendimento e la formazione in campo sanitario.

Avevamo già parlato di come le risorse del teatro potessero essere utili nella rappresentazione di scenari clinici, soprattutto del coinvolgimento di attori nel ruolo di pazienti standardizzati. La fusione fra teatro e simulazione medica ha però raggiunto un nuovo livello: non ci sono più le risorse umane al centro di questo rapporto, ma i simulatori stessi, i quali sono diventati i protagonisti della messa in scena.

Lo spettacolo ‘Nell’impero delle misure’ di Ateliersi ha fatto convergere due settori diversi, ma molto meno distanti di quanto si possa pensare. Quest’opera, in scena al Teatro degli Storchi di Modena dal 30 novembre all’11 dicembre, e poi in replica nello spazio del collettivo bolognese dal 17 al 20 gennaio, ha reso per la prima volta un simulatore parte dell’impianto narrativo, elevandolo a ruolo di personaggio all’interno dell’intreccio.

‘Nell’impero delle misure’, di e con Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi, esplora la vita e la personalità della poetessa russa Marina Cvetaeva, attraverso le sue stesse parole, intrecciando nella rappresentazione scenica le sue poesie e scritti in prosa. Il percorso esistenziale complesso e doloroso della Cvetaeva (separata dal marito durante la rivoluzione d’ottobre, si vede costretta a mandare la figlia minore in orfanotrofio, la quale muore poco dopo di stenti; prova ad emigrare all’estero, ma una volta tornata in patria viene osteggiata dalle autorità, e morirà suicida nel 1941 senza avere più notizie del marito e della figlia maggiore) viene raccontato attraverso diverse ‘Marine’, ognuna delle quali incarna un diverso aspetto della poetessa russa.

Il filo conduttore di tutte queste presenze sul palcoscenico è REALITi360 di iSimulate, il simulatore che monitora costantemente il battito cardiaco dei personaggi. Questo perché nella produzione della Cvetaeva «è molto presente il cuore, non tanto come una questione sentimentale o in una logica erotico affettiva, ma proprio fisicamente, come elemento pulsante di vita, di speranza, di aspirazioni, di lucidità». Per questa ragione si è reso necessario un espediente scenico in modo da rappresentare «la fonte della parola poetica», come ci spiega Mochi Sismondi.

Da lì è nata la domanda: ma come si fa a rappresentare il cuore? Con che stratagemma è possibile far immedesimare il pubblico con il cuore del personaggio in scena? La risposta è arrivata da Paolo Innocenti, CEO di SoFraPa, azienda specializzata nella fornitura di simulatori per formazione medica, del soccorso e della sicurezza aziendale, mediante l’utilizzo di iSimulate REALITi360. Il simulatore di elettrocardiogramma ha consentito la costruzione di una drammaturgia parallela, visto che, una volta svincolati dalla limitazione di monitorare parametri fisiologici reali, è stato possibile per Menni e Mochi Sismondi costruire un altro livello del testo.

Grazie anche alla consulenza di formatori infermieristici e di pronto soccorso, si è deciso di misurare il battito cardiaco, l’ossigenazione, la presenza di anidride carbonica, la quantità di respiri al minuto e la pressione sanguigna delle varie impersonificazioni di Marina Cvetaeva, in modo da esaltare le emozioni da loro provate.

Gli elettrodi di REALITi360 passano da un personaggio all’altro, affinché al pubblico non sorga mai il dubbio di trovarsi di fronte a un autentico elettrocardiografo. La finzione diventa evidente solo nell’ultima scena, durante la quale gli elettrodi vengono staccati ma il simulatore rimane attivo, prendendo in carico «il cuore di coloro che ha monitorato» e portandolo verso la morte, trasformandosi così nel sesto attore sul palco, una presenza autonoma con un proprio messaggio.

Secondo le parole di Paolo Innocenti, «è interessante vedere un dispositivo come iSimulate REALITi360 coinvolto in altri tipi di linguaggio». Il confronto fra Innocenti, Menni e Mochi Sismondi ha esplorato le potenzialità drammaturgiche dello strumento e ha portato alla costruzione della partitura, come se il simulatore fosse un vero e proprio personaggio nella trama. «REALITi360 è perfetto per questo spettacolo, perché ha quel grado di astrazione – la rappresentazione dei parametri vitali – che funziona molto bene dal punto di vista scenico, ma è anche un attrezzo molto bello dal punto di vista estetico» dice Mochi Sismondi.

Quali potrebbero essere gli sviluppi di questa nuova sinergia fra simulazione e teatro? Sia in simulazione che a teatro viene chiesto ai partecipanti e agli spettatori rispettivamente di entrare nella narrazione per essere pronti a pensare che ciò che vivono o vedono in sala simulazione o in scena sia vero, quello che nel gergo tecnico viene definita la sospensione dell’incredulità. Per cui sarà interessante esplorare nel futuro come queste due dimensioni, che già si sovrappongono in molti modi, possano ulteriormente compenetrarsi. Da pazienti simulati, ad attori reali. L’utilizzo dei simulatori per fini artistici, oltre a quelli medici, apre una nuova prospettiva in cui l’immaginario ed i livelli di significato si confondono e si intrecciano, arricchendosi a vicenda.

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