Le CC di una simu-psicologa

Giulia Mormando
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Intervista ad Alessandra Bigoni, dottoressa in psicologia, tirocinante con laurea specialistica presso
SIMNOVA-Centro Interdipartimentale di Didattica Innovativa e di Simulazione in Medicina e Professioni Sanitarie
.

Ciao Alessandra,

grazie per avere accettato di fare due chiacchiere con noi. 

Iniziamo con una domanda difficile: chi sei? Hai un soprannome? Che aggettivi useresti per definirti?

A: Chi sono? Piacerebbe saperlo anche a me. Forse posso dirvi chi cerco di essere: un’amica, una figlia, una fidanzata e una psicologa. Quest’ultima è quella che cerco più assiduamente, perdendo un po’ di vista l’importanza delle altre. Ed è per questo che per definirmi potrei usare più aggettivi, ma ne scelgo alcuni: ambiziosa, puntigliosa e anche un po’ rompiscatole (se si può dire). 

Il tuo primo incontro con la simulazione è stato amore a prima vista?

A: Direi proprio di no. Il mio primo contatto con la simulazione è avvenuto in maniera totalmente casuale, cercavo un argomento per scrivere la mia tesi di laurea e sono venuta a conoscenza, tramite un gruppo di ricerca, della simulazione e soprattutto delle Non-Technical Skills. Non è stato amore a prima vista proprio perché ci ho impiegato parecchio per capire di cosa si trattasse, ma forse gli amori “consapevoli” possono durare molto di più di quelli a prima vista!

La mia scelta è nata soprattutto dalla volontà di fare ricerca in relazione a tutto ciò che c’è di psicologico nell’ambito della simulazione

Nelle discipline psicologiche quando si parla di simulazione in ambito clinico ci si riferisce alla produzione intenzionale di sintomi fisici o psicologici falsi o grossolanamente esagerati. Per te invece la simulazione cos’è?

A: Ad oggi, parlando di simulazione, non posso che pensare alla simulazione medica e tutto ciò che si inserisce in un ambito di questo tipo. La simulazione per come si intende generalmente nelle discipline psicologiche non è stata oggetto dei miei studi, ma probabilmente penserei all’estrema differenza rispetto a quella di cui ci occupiamo noi. Infatti, dopotutto chi da ragazzino non ha mai simulato un mal di pancia per non andare a scuola? 

Cosa c’è quindi dietro alla tua scelta di dedicarti alla simulazione in ambito clinico? Cosa ti ha spinto a fare questa virata di carriera rispetto alla rotta canonica di uno psicologo?

A: Le vie canoniche non mi sono mai piaciute. La mia scelta è nata soprattutto dalla volontà di fare ricerca in relazione a tutto ciò che c’è di psicologico nell’ambito della simulazione, per non fermarmi mai, per non accontentarmi e per provare ad offrire qualcosa di diverso. Fare ricerca per una psicologa è un po’ “fuori dal normale”; solitamente chi decide di provare a diventare psicologo è perché spera, in una prospettiva futura, di essere psicoterapeuta. Io no. Ricordo ancora anni fa quando dissi ad una docente di essere interessata alla ricerca, lei mi rispose “ma lei è sicura di stare bene oggi?”. Beh, stavo bene allora e sto bene oggi, soprattutto se penso al fatto che provo ad essere ricercatrice in un ambito specifico come quello della simulazione, il quale offre una quantità infinita di spunti ed opportunità. 

Quale credi possa essere il ruolo dello psicologo nel mondo della simulazione? E in particolare in un centro di simulazione?

A: Il ruolo della psicologia in un centro di simulazione, dal mio punto di vista, non può essere circoscritto, è in continuo divenire e in continuo mutamento. Quello che credo è che uno psicologo può provare ad essere d’aggancio tra le diverse figure professionali, interessandosi dello sviluppo e del percorso delle persone in un processo di apprendimento. Perturba un sistema, come quello medico, offrendo un’occasione per ascoltare, osservare, immaginare qualcosa di diverso. Consente di creare, riconoscere e promuovere le opportunità di apprendimento non solo dell’individuo, ma anche del gruppo. Dopotutto viviamo in una società e quindi il confronto con le altre persone caratterizza la quotidianità di ognuno di noi. Forse è proprio qui che lo psicologo potrebbe inserirsi, favorendo e facilitando il processo di scambio ed interazione. 

Se tu potessi trasformare qualcosa all’istante nel mondo della simulazione di oggi cosa faresti?

A: Di getto direi il termine Non-Technical Skills. Questo perché sembra sempre comunque fare riferimento a qualcosa che non c’è e che si trova, invece, nelle Technical Skills. Le NTS non sono semplicemente un di più o qualcosa che può essere imparato quando si pensa di possedere con sicurezza tutto il resto.  Questa visione però potrebbe essere data dalla mia formazione e dalla mia inclinazione psicologica, cerco sempre di portare acqua al mio mulino!

Uno psicologo può provare ad essere d’aggancio tra le diverse figure professionali, interessandosi dello sviluppo e del percorso delle persone in un processo di apprendimento

La simulazione è una settore professionale relativamente nuovo, chi hai preso come ispirazione o modello?

A: La simulazione è un settore relativamente nuovo, proprio come Alessandra all’interno della stessa. Ho talmente tante cose da imparare che prendere qualcuno di specifico come ispirazione o modello sarebbe riduttivo per la mia formazione e per quello che potrei eventualmente offrire. Ovviamente però cerco di trarre spunti di riflessioni e di cogliere qualsiasi opportunità mi venga offerta dalla mia tutor e da tutti i punti di vista all’interno del centro SIMNOVA in cui sto svolgendo il mio percorso di tirocinio professionalizzante. Il confronto quotidiano con diverse figure sono una parte fondamentale per la mia crescita. 

Se dovessi consigliare ai colleghi più giovani di intraprendere la tua stessa scelta, quali sono le tre cose che NON devono fare?

A: Detto da me potrebbe essere un po’ presuntuoso, ma sicuramente consiglierei di non aspettarsi di avere un percorso preciso e prestabilito entro cui porsi. Non devono adagiarsi o accontentarsi. E non dovrebbero aspettare che siano gli altri ad indicare loro la via. L’ambito della simulazione credo abbia ampi orizzonti e questo sarà anche grazie a chi deciderà di occuparsene. 

Dove ti vedi fra 10 anni?

A: In realtà non so nemmeno dove mi vedo fra 5 mesi. Non ho mai amato le prospettive a lungo termine. Quello che posso sperare è vedere un’Alessandra che nei 10 anni precedenti non si è mai fermata e non si è mai accontentata di quello che aveva. 

Una domanda da “sottovoce” di Marzullo, che simulatore vorresti essere?  E perché?

A: Qualsiasi manichino avanzato! Tanto si dice che un manichino non muore mai, no? 

Infine, qual è la domanda che non ti ho fatto e alla quale avresti invece voluto rispondere?

A: “Cosa diresti a chi ti dice che la psicologia in un centro di simulazione ha un ruolo in secondo piano?” anche se per rispondere probabilmente ci vorrebbe un’intera intervista. La non svalutazione della figura professionale dello psicologo deve partire proprio dallo psicologo stesso. 

Dai tu un titolo a questa intervista?

A: Le CC di una simu-psicologa: consapevolezze e confusione.

Grazie per avere condiviso con noi i tuoi pensieri.

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