Esther Leon: esperta di simulazione e appassionata

Redazione SIMZINE
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Scienze della salute, filosofia e psicologia: le tre anime professionali di Esther Leon.

Responsabile del i+D+i del Laboratorio di Simulazione Clinica dell’Università di Barcellona. Vicepresidente ed ex tesoriere della Società europea di simulazione (SESAM). Ex presidente, vicepresidente e segretaria della Società Spagnola per la Simulazione e la Sicurezza dei Pazienti (SESSEP). Membro del Comitato Editoriale dell’International Journal of Healthcare Simulation. È stata anche vicedirettrice (co-presidente) del Membership Committee e membro del Comitato strategico della Society for Simulation in Healthcare. Senza dubbio, Esther León gioca un ruolo chiave nello sviluppo della simulazione in tutto il mondo.

Abbiamo incontrato Esther e l’abbiamo sfidata con 10 domande + 1 per conoscerla più a fondo. E abbiamo scoperto che, da brava millennial, la prima cosa che fa quando si sveglia la mattina è controllare le notifiche sul suo telefonino e poi leggere l’Harvard Business Review. Incredibile quello che ci ha rivelato nella nostra ultima domanda in stile «zine».

1. SZ: Come «simulazionista», qual è la tua routine al mattino?

La mia mattinata inizia tra le 5:00 e le 6:00. Da buon millennial, prima ancora di aprire gli occhi, ho già il telefono in mano e sto controllando le notifiche. Dopo aver inviato un “buongiorno”, mi tuffo nel mio profilo professionale. Trascorro la prima ora sui social network e a leggere, con in mano sempre un tè nero inglese forte e senza zucchero. Amo leggere articoli scientifici e sono anche una fan dell’Harvard Business Review. L’unica cosa che so leggere sono articoli, per me un libro è una sfida che non riesco a vincere.

Di solito lavoro da casa a meno che non abbia una lezione in presenza. Trascorro più o meno un giorno alla settimana presso la facoltà, alcune settimane o periodi magari ogni giorno.

In generale, svolgo tre tipi di lavoro: insegno o parlo con le persone (riunioni, networking, progetti, strategie, revisione di problemi, ricerca) o creo nuovi contenuti, piani, ricerche, idee, progetti. Se devo creare vado al computer con tutte le applicazioni chiuse, ascolto musica per concentrarmi e giro anche il telefono per non distrarmi. A volte sono così appassionata che dimentico tutto, per primo il trascorrere del tempo. Quindi non so a che ora finisce la mia mattinata. 😉

2. SZ: Hai studiato per diventare infermiera. Perché investi la tua carriera professionale nella simulazione?

Se dobbiamo ripensare agli anni in cui ho iniziato, ricordo di aver avuto un dilemma interno sull’opportunità di studiare in una facoltà in scienze della salute (medicina o infermieristica); sono stata anche colpita dalla profonda riflessione su questioni fondamentali dell’esistenza, e per questo la mia seconda opzione era la filosofia. Un’altra opzione che ho considerato era comprendere i processi del pensiero, le strutture mentali e i comportamenti. La terza opzione era, quindi, la psicologia.

Uno dei miei più grandi interessi erano i computer e la tecnologia [sono sempre stata una “tech-girl”]. Così, ho iniziato a lavorare all’università come stagista aiutando a sviluppare la piattaforma Moodle nel 2007. Un giorno ricordo di aver visto uno dei direttori del nostro master “giocare” con una bambola e un computer. Ero una studentessa del master. Tale era l’attrazione per questa tecnologia, che sono andata al suo fianco e gli ho detto “ti dispiace se ti aiuto a maneggiare la bambola invece di andare a caso?” e ricordo di aver iniziato a “controllare” il manichino. E da quel giorno sono qui (anno accademico 2008).

La seconda criticità è stata un corso base per istruttori, che mi ha cambiato per sempre, come persona e come professionista: ho appreso della relazione “To err is human” e ho sentito la responsabilità morale di contribuire a migliorare questi dati, e ho anche capito che “la critica è un dono”.

Quindi la risposta alla tua domanda è che nella simulazione ho trovato il luogo in cui tutte le mie passioni si sono unite. E anche la simulazione mi ha trasformato come individuo e ha generato uno scopo professionale al fine di portare a cambiamenti.

3. SZ: Ti consideri una innovatrice?

Sì, e penso che sia arrivata con l’età e la maturità professionale. Per essere innovativi devi avere una mente aperta a idee diverse, pensare in modo ampio e, come si suol dire, “fuori dagli schemi”, essere in grado di uscire da schemi prestabiliti per risolvere problemi e tutte queste sono caratteristiche che fanno parte della mia persona.

Ma riflettendo su come ho usato queste capacità, ed è qui che la maturità gioca un ruolo importante, osservo che all’inizio della mia carriera queste caratteristiche mi hanno portato a essere piuttosto critica nei confronti dell’establishment e ad avere avuto un elevato livello di ribellione intellettuale. Col tempo ho scoperto il rispetto delle abitudini e del lavoro intellettuale precedente. E ho capito che quanto consolidato è il punto di partenza per generare una nuova idea o proporre miglioramenti.

4. SZ: Cosa stai facendo per diventare la persona che vuoi essere?

Trovo molto difficile avviare e mantenere conversazioni quando si riferiscono alla sfera personale. Sto cercando di trasferire le mie capacità professionali alla mia vita personale, per aiutarmi ad affrontare il mio imbarazzo e la mia timidezza, in modo da poter parlare e costruire.

5. SZ: Se guardi indietro alla tua carriera, fino a che punto torneresti indietro nel tempo e perché?

Vorrei tornare all’inizio della mia carriera e avere una conversazione profonda con me stessa per aiutarmi a capire che lo sviluppo professionale e personale non sono in contrasto nella vita. Sento che avrei dovuto investire più tempo in questioni non professionali.

6. SZ: C’è qualcuno che ti ispira ogni giorno?

Sinceramente faccio fatica a rispondere a questa domanda. Non c’è una risposta chiara e ti spiego perché. Ogni giorno mi ispiro a tante persone, vicine o sconosciute. Amo osservare ciò che accade intorno a me e ogni stimolo è fonte di ispirazione. Ciò che mi ispira di più è ciò che è genuino, ciò che non ha filtri, come si direbbe in inglese, ciò che è “crudo”.

7. SZ: Qual è stata l’esperienza più traumatica che è accaduta nella tua vita professionale?

In passato, prima di conoscere gli attuali principi educativi di base, il mio approccio all’insegnamento era punitivo, con molto giudizio. Partivo dalla premessa che più è difficile, più si impara e che il fallimento è dovuto alla mancanza di attenzione o agli studenti che non vogliono imparare. Senza essere consapevole e senza intenzione, ho causato danni a molti partecipanti e non ho nemmeno applicato principi etici educativi per pura ignoranza. Penso che il momento in cui ho raggiunto questo livello di consapevolezza sulla mia precedente prassi sia stato un momento traumatico.

8. SZ: Nel tuo profilo Linkedin c’è scritto che sei esperta di social network. Da ricercatore, qual è secondo te il valore di un «like»?

Per me un «like» offre valore da due prospettive.

Come feedback positivo su ciò che stai condividendo, in cui la comunità dà valore e apprezza la tua idea. Il valore in questo senso è che ti aiuta a valutare come viene accolta un’idea e se ha bisogno di miglioramenti.

D’altra parte, oggi, su reti come Twitter e Linkedin, un «mi piace» significa anche che la tua idea o i tuoi risultati vengono condivisi con le reti dei tuoi follower. Quindi il valore, in questo caso, è l’opportunità di passare attraverso terze parti e che la tua idea o i tuoi risultati raggiungano più persone, siano più visibili.

9. SZ: Se descrivessi Esther León in un tweet, cosa scriveresti?

Di solito scrivo in inglese, quindi:

“Passionate entity, delighted by beauty and simplicity that I try to capture by my phone-camera. Profound believer in people and the capacity of each individual to transform and build a better world. Simulacionist and patient safety advocator.” 

She/her, 🏳️‍🌈, I have suffered depression you are no alone (Feel free to write me).**

** Dubito sempre se nei miei profili social devo seguire la tendenza dei miei colleghi anglosassoni nel descrivere i miei pronomi e altre questioni relative alla diversità e all’inclusività. Ho passato mesi in dibattiti interni, bilanciando benefici e rischi, quindi a un certo punto ho dovuto lanciarmi.

10. SZ: Cosa ti piace di più e di meno della tua personalità?

Penso che ciò che mi piace di più e ciò che mi piace di meno coincidano. Amo la mia capacità di riflessione, analisi e metacognizione, è ciò che apprezzo di più di me stessa. Ma allo stesso tempo, a volte vorrei che le cose fossero più semplici o che ci fossero meno pensieri associati. Fondamentalmente non ho un pulsante di spegnimento e a volte mi sento “bloccata” nella mia costante rimuginazione su qualsiasi cosa. Apro gli occhi, il mio schema di analisi si illumina. Sono anche tentata di andare alla ricerca di modelli mentali dietro ogni cosa.

10+1. SZ: Qual è la cosa che nessuno sa? Scusa, è una domanda da «zine». 😉

Mi sposerò! Maggio 2023. Paraguay 

SZ: Wow, questa sì che è una notizia in anteprima! Grazie mille per il tuo tempo, Ester.
Ciao… anzi, hasta luego

Instagram: @estherleonsimulacion 

Twitter: @esleonc

YouTube: SIMversando

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