Avete mai pensato di far diventare una passione un lavoro? E un lavoro una passione?
Quando mi sono ritrovata per la prima volta in Pronto Soccorso (ormai 8 anni fa) per preparare un esame del corso di laurea in medicina e chirurgia mai avrei detto di appassionarmi alla medicina d’emergenza urgenza a tal punto da presentarmi al concorso nazionale per questa specialità e di ritrovarmi oggi a scrivere un appello per approfondire un’altra passione nata durante questi 5 anni: la simulazione.
Ho iniziato il mio percorso di formazione istituzionale consapevole delle continue critiche ad essa rivolte: la si accusa di essere sempre troppo distante da quanto accade nel luogo di lavoro (Zucchermaglio 1996). Ma allo stesso tempo mi si ripeteva che questo fosse un limite intrinseco di ogni momento formativo istituzionale: l’apprendimento vero e proprio avviene lavorando, ossia partecipando alle attività lavorative (Gherardi 2006).
Sempre più mi sono resa conto che il modello proposto da Vozenilek et al. (2004) “see one, do one, teach one” (lo vedi una volta, lo fai una volta, insegni una cosa per volta) risulta inadeguato al numero e alla complessità delle procedure che ogni specializzando di area critica deve imparare a gestire durante il periodo di formazione.
Non credo possa essere più eticamente accettabile che l’apprendimento sia fatto sul paziente, almeno all’inizio…
Non credo possa essere più eticamente accettabile che l’apprendimento sia fatto sul paziente, almeno all’inizio: il “decalogo della Società Italiana di Simulazione in Medicina (SIMMED)” al primo punto raccomanda “Mai più la prima volta sul paziente”. Ho quindi scoperto che la simulazione mi consentiva di acquisire la conoscenza degli strumenti da usare e della sequenza di azioni da seguire, dando a me, e ai colleghi con cui mi addestravo, la giusta dose di confidenza per affrontare le situazioni che mi si presentavano in ospedale con sicurezza e attenzione. La riproduzione simulata fedele di situazioni cliniche complesse e la gestione delle stesse in dinamiche di team ha rappresentato quel contesto educativo ottimale che, ritengo, mi abbia permesso di ridurre in misura massimale gli errori cognitivi attribuibili al fattore umano quando l’esperienza formativa veniva trasferita alla realtà.
La simulazione ha rappresentato quel luogo sicuro dove poter fare esperienza di abilità tecniche e non tecniche, quel luogo in cui poter sbagliare senza giudizio, anzi dove ritenevo quasi utile sbagliare per acquisire competenze ed esperienza proprio sui meccanismi che hanno generato l’errore, quel luogo dove imparare a lavorare come team confrontandomi con diverse professionalità. Ora che vi ho spiegato da dove nasce l’interesse e passione per la simulazione, perché a pochi mesi dalla fine del mio percorso di specialità sto cercando un dottorato di ricerca in questo ambito?
In base alla mia esperienza la simulazione non può essere un momento formativo indipendente dalla pratica clinica quotidiana “sul campo”. Tra il mondo reale e simulato ci deve essere un continuo scambio così da migliorare la “sicurezza” del paziente.
La simulazione ha rappresentato quel luogo sicuro dove poter fare esperienza di abilità tecniche e non tecniche, quel luogo in cui poter sbagliare senza giudizio…
Gli obiettivi ambiziosi che mi vorrei porre trovando un dottorato di ricerca sono:
- riprodurre casi clinici realmente accaduti per comprenderne attivamente gli errori e trovare delle soluzioni per non ripeterli;
- stilare check list riproducibili per migliorare l’esecuzione di procedure sul paziente;
- esercitarsi nell’approccio al paziente in condizioni ambientali difficili (setting extraospedaliero);
- sviluppare tecniche di debriefing da esportare nella pratica clinica quotidiana per individuare gli errori nelle abilità tecniche e non tecniche per imparare a vedere l’errore come una risorsa per migliorare e crescere;
- migliorare la comunicazione all’interno del gruppo di lavoro;
- comprendere il ruolo del leader;
- acquisire tecniche di comunicazione difficile;
- standardizzare i programmi di formazione riproducendo la teoria in pratica passando dalla simulazione;
- appassionare gli studenti di medicina alla medicina d’emergenza urgenza;
- definire il ruolo e competenze delle figure professionali che lavorano nel dipartimento di medicina d’emergenza urgenza (medici specialisti e infermieri);
- creare un setting di formazione continua per gli operatori sanitari in medicina d’emergenza urgenza;
- riprodurre casi clinici poco frequenti ma molto critici (emergenze ostetrico-ginecologiche, maxiemergenze, emergenze pediatriche).
Confidando che qualcuno risponda al mio appello, vi porgo i miei saluti: Marilù, specializzanda in medicina d’emergenza urgenza.
1 comment on “AAA Dottorato cercasi”
Grazie Marilù, questo articolo trasuda letteralmente passione e voglia di spaccare il mondo. La giusta energia per resistere all’impatto del percorso duro ma gratificante del dottorato di ricerca!
Come imparato a mie spese (costruttivamente): start little, grow fast.
Perciò il mio suggerimento è: scegli uno SOLO di quegli obiettivi e sviluppalo. Perché lo scopo del dottorato è sia approfondire uno specifico tema e soprattutto farti diventare una ricercatrice! Così da poter approfondire gli altri punti, uno alla volta, durante la tua prospera futura carriera.
#DAJE !!
Matteo